Domenica 6 Aprile. Una giornata tanto attesa, tanto
desiderata, e pure un po’ temuta. 42
km non sono una passeggiata, per niente: è una strada
fottutamente lunga ed è una distanza che va amata e al tempo stesso rispettata.
Per me poi, è una prima assoluta: mai ho percorso infatti questa distanza su
asfalto (qualcosina infatti avevo già fatto su sentiero, ma è ovvio che non si
tratti proprio della stessa cosa). Così la notte trascorre tra emozioni e
pensieri, e soprattutto con un irrefrenabile desiderio di correre.
La sveglia suona
abbastanza presto, per andare a Friburgo c’è da fare una quarantina di minuti
di treno. Ad ogni stazione poi, imbarchiamo gente con borsoni e zaini o
addirittura già vestita da corsa: il treno si riempie così di endorfine che
quasi fanno vibrare i finestrini.
Eccoci alle 9 circa, alla Fiera di Friburgo, quartier
generale dell’organizzazione e sede di partenza e arrivo della manifestazione.
Oggi corriamo in tanti: infatti si disputano allo stesso tempo la maratona, la
mezza-maratona, la staffetta 4x10 km e la corsa delle scuole di Friburgo (cosa
c’è di più bello che vedere i bambini che corrono: fantastici!).
Ore 10: tempo di cominciare a vestirsi: pomatina sui piedi,
si indossano le scarpette, e si fanno ancora due parole con gli altri corridori
(e vabeh lo dico: c’è anche tempo per dare l’acqua ai fiori).
Ore 10:30, ormai manca una mezz’oretta alla partenza: è
tempo dunque di entrare in questi grandi blocchi (o griglie, o ammucchiate) che
l’organizzazione ha predisposto in base ai tempi di percorrenza previsti da
ciascun runner. Si va quindi dal blocco A riservato ai top runner e a tutti
quelli che pensano di stare sotto le tre ore, sino al blocco C, dedicato invece
a chi se la prenderà più comoda oppure più semplicemente a chi non ha nessuna
idea di quanto ci metterà; senza contare ovviamente, l’allegra immensa truppa
di tapascioni goliardici e rilassati, tra i quali certamente mi inserisco anche
io.
Wow, l’emozione ora sale per davvero, lo speaker tuona
parole di incitamento come neanche a Norimberga, risuonano tutto intorno le
note di Happy (questo tizio ha pescato veramente il jolly della vita con questa
canzone) e pure io mi avventuto in qualche passo di danza pseudotribale
(tranquilli, non esistono filmati, né abusivi né autorizzati: la storia del
ballo è fortunatamente salva!).
Via il blocco A, dopo 10 minuti tocca al gruppo B, e
finalmente alle ore 11:20, tocca a noi: si parte!
Un immensa marea umana, si calcoleranno circa 10000 (diecimila)
persone alla partenza, muove così verso le strade e i viali di Friburgo. Tutto
intorno a me, magliette colorate, scarpe da running all’ultima moda, gente
sudata o già ansimante e pure qualche zuzzurellone vestito da giraffa o da
bottiglia di birra (maledetti, mi hanno rubato l’idea che avevo per una delle
prossime volte): tutti insieme, un fiume di endorfine e gioia di correre,
inarrestabile, bellissimo. I primi 5-6 km scorrono così velocemente, ma c’è comunque
il tempo di godersi i mini concerti delle bande rock agli angoli delle strade
(se ne conta circa una ogni 2
km), e anche ovviamente per gustarsi un primo bicchiere
di Sali ai ristori. La giornata è calda, e promette di essere ancora più
torrida via via che seguiranno le ore. Io ho scelto un semplice maglietta e
pantaloncino, e borraccia a mano, ma vedo che alcuni compagni di corsa sono
vestiti come la calza della befana, non abituati forse a temperature così tardo
primaverili in questo periodo dell’anno. Ma chissenefrega tutto sommato, siamo tutti
ballo, e balliamo allora! Al 6° km, l’incontro piacevolissimo con W., amico
tedesco e socio onorario del Terzoristoro (a proposito, ovviamente sto correndo sotto le insegne ufficiali della mia crew "Terzo Ristoro JTTCC", e anche questo mi sta spingendo verso il sogno dei 42,195), nonché runner con i controc@@zi, che
oggi però fa il tifo a bordo strada: un grande abbraccio, un bell’ incitamento
che da carica, e si continua verso il centro storico. Ogni curva, ogni angolo, è un inferno di tifo
come neanche alla Bombonera di Buenos Aires: applausi, urla, cartelli, tifo
sfrenato al quale tutti (chi più chi meno) rispondiamo e del quale ringraziamo:
io ovviamente, da buon terzoristorista, in più benzinaio di adrenalina fino
alle orecchie, incito a mia volta i tifosi con latrati ed esultanze di vera
felicità, e tutti insieme ci sentiamo pervasi di un’energia davvero
inarrestabile. Ora stiamo costeggiando il fiume e risalendo verso la parte più
interna della città: è una zona verde, si corre su una pista ciclabile, ai lati
vi sono campi da tennis e da beach volley, e ci sono già ragazzi intenti a
prepararne il terreno per un super pomeriggio di sport: siamo tutti lì fuori,
per lo stesso motivo: sudare, darci dentro, vivere in pieno la nostra passione.
Passaggio su un paio di ponti, gruppi rock che spaccano i timpani, e tifo
impazzito. Ah, dimenticavo: la cosa più bella riguardo al tifo, il piacere
unico di battere il “cinque” ai bambini a bordo strada: fantastici, tutto il
giorno ad applaudire e a incitarci con sguardo quasi sognante, come a dire: “un
giorno lo faremo anche noi”: fantastico, tutta benzina in più per la nostra
grande avventura. Tratto di ritorno (verso il 14° km) e si passa vicino alla
fabbrica (non so se ancora in uso) della birra Ganter: momento di commozione e
di emozione, ma ora davvero non è tempo per l’alcool: però non nego che questa
visione cominci a far nascere nella mente l’immagine prepotente di una buona
IPA fresca da gustare al traguardo oppure alla sera spaparanzato sul divano.
Evvai, si rientra nel centro storico: attraverso le grandi porte della città,
ci si trova così immersi in un’onda impetuosa di tifo e di gente, e anche il
fondo è cambiato: infatti in luogo dell’asfalto, troviamo ora dei grandi
ciottoli attraversati dalle rotaie del tram: non facilissimi da correre, ma
chisseneimporta: basta ammorbidire un po’ il passo e guardare un filo di più
dove si mettono i piedi: non riesco comunque a smettere anche di guardarmi
intorno, a volte anche alle spalle, ed ammirare tutti questi runner intorno a
me: cavolo, siamo tutti veramente come una grande comunità, e questa grande
forza comunque è ben percepibile nell’aria. Si sorride, ce la si gode, la
giornata è super: insomma, tutto perfetto.
Km 21: eccoci al passaggio della mezza maratona, che per
alcuni è anche il traguardo (infatti il percorso dell’intera maratona conta di
due giri del medesimo anello da 21
km). Al bivio, ci si saluta e ci incita (cavolo, i
ragazzi della mezza hanno fatto qualcosa di super), mentre noi tapascioni dei 42 km, continuiamo per la
nostra strada. E qui accade qualcosa: mi accorgo infatti (ma un po’ lo
immaginavo) che siamo rimasti molti, ma molti di meno rispetto a prima. In
pratica, oltre a noi maratoneti, ci sono solo gli staffettisti (che sono
comunque tanti), ma che ovviamente fanno 10 km a testa in squadre da 4, e in pratica
stanno facendo tutt’altra gara. Così, capisco che ora è tempo per “The Game”.
Giro la visierina all’indietro, faccio un bel respiro, e proseguo. Ora gli
incitamenti del pubblico sono più rari, ma più “dedicati”: infatti, la vede
meno runner sul percorso, e ne aspetta ognuno per tributargli una ola o un
applauso o un qualsivoglia incitamento. E così accade con me: sono “da solo”
(nel senso che ora non ho più runner intorno a me) e vedo altri maratoneti
solitari davanti, procedere ciascuno col proprio passo. Mi godo ogni singolo
metro del mio percorso, e ad ogni grido di tifo, rispondo con un ruggito ancora
più forte, perché voglio essere anche io ad incitare il pubblico e a
ringraziarlo per tutto questo: ora è una serie quasi continua di “super!” “gut
gemacht” (il nostro “good job”) e io stesso nei punti dove il percorso incrocia
o avvicina due diversi tratti, incito gli altri runner con “gut gemacht man,
“way to go buddy”, e ne ricevo (quasi) sempre un incitamento a mia volta. In
questo secondo giro, non vengo più superato da nessuno: continuo ad essere io a
recuperare amici runner sul percorso, alcuni camminano (“alles gut mein
Freund?”) altri cominciano a essere un po’ stanchi, altri semplicemente hanno
voglia di andare tranquilli. Io ormai sono “in the zone”, e quando vedo il
cartello del 30° km, comincio a spingere ancora di più (sento l’odore del
traguardo – o meglio delle salsicce che stanno alle bancarelle del traguardo).
Altro passaggio nel centro storico (saremo circa al 38° km in questo secondo
giro), e stavolta vengo anche preso bene da uno dei fotografi ufficiali della
gara. Sempre più esaltato, sempre più felice di tutto questo. Che spettacolo, in me ormai si fa strada
l’idea di avercela quasi fatta (conoscere poi “la strada”, nel senso dell’aver
già fatto tutto il giro, in effetti aiuta non poco, perché sai comunque cosa ti
aspetta). 41° km: in lontananza, la musica e lo speaker che accoglie gli atleti
alla linea d’arrivo: un casino immane, ma fantastico. Adesso bisogna davvero
dare tutto: testa bassa, stringo i denti, e mi faccio spingere dal tifo sempre
più assordante. Ultimo ponte, ultima curva a destra, e rampa finale in discesa
verso il traguardo: la gioia adesso è veramente incontenibile, non capisco più
niente: corro a tutta, rush finale, applaudo io il pubblico che mi accoglie,
urlo come un esaltato, mi batto la mano sul cuore e guardo il cielo, taglio
finalmente il traguardo. E finalmente, mi faccio travolgere dalla forza di
tutto ciò, dall’energia che vibra nell’aria, da tutto.
Bellissimo,
impagabile, indescrivibile. Insomma, corsa.
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