Flashback
"Questo è il Manu che conosco!". Ari è di poche parole, come sempre. Ma quando parla, sa prendermi nel modo giusto. Trova il momento, non le posso nascondere nulla, mai. Legge ancor prima di me cosa ho dentro, e di cosa ho bisogno. E questo è ciò di cui ho bisogno adesso.
Miglio 97 più o meno, sono appena uscito dalla ultima aid, che poi è una "finta" aid, perchè è di fatto al traguardo. Mi aspettano 6 km di totale apnea sulla collina che sovrasta Maboge. Simple as that: vai su, corri sul piano e buttati giù a tutta verso il traguardo, quello vero stavolta.
Ho 50 minuti, più o meno, per percorrere questi ultimi 6 km, prima del cut off finale. "No dai, abbiamo deciso che tutti avete 40 minuti in più, anche per farci perdonare i casini del Sabato mattina..." mi dice l´RD (gentilissimo e premurosissimo, tutto il weekend).
No fucking way buddy, allora non mi conosci. Il cut off ufficiale è 36 ore? Bene, arriverò in quelle fottute 36 ore. Darò l´anima per quelle 36 ore, e se quando avrò finito quella non sarà bastato, pazienza: avrò combattuto fino in fondo comunque. Perchè parliamoci chiaro: in una 100 non lasci niente, ma proprio niente nel serbatoio.
In una 100 devi arrivare a voler morire e al tempo stesso a sentirti vivo fino in fondo: è il Gioco che te lo chiede, molto semplice.
Esco così dalla aid con una cattiveria che non so proprio da dove esca fuori. Pesto deciso con i bastoni nel pianetto, prima di lasciare Ari (che mi "accompagna" in questi 200 metri in bici; si è fatta 20 km con una mtb sgangherata per venirmi a vedere qui a Maboge) e aggredire questa ultima salita.
Salgo piegato in avanti e sui bastoni, cerco di darmi ritmo con i passi e il respiro. Unico obbiettivo, azzeccare tutto con la navigazione. Devo trovare i markers Legends, e li devo trovare subito, automaticamente, senza esitazioni. Sono così al limite che so perfettamente che un altro detour, a 3 miglia dal traguardo, mi segherebbe in due del tutto.
Scollino cazzo, finalmente. Eh ma ora appunto, "you have some running stuff" (parole dell´altro RD ancora giù al paese). E va bene Escapardenne, Legends Trail, The Great Escape o come cazzo ti chiami. Vuoi giocare fino alla fine, giochiamo. For The Love of The Game.
Premessa
Questo è un racconto, resoconto, report, insomma un qualcosa di suo già pieno di flashback e fast forward. Il solito casino insomma, anche perchè se mi metto lì a fare una cronaca minuziosa di due giorni di sentiero e distruzione, non gliene frega niente a nessuno.
In più è facile che salti delle parti o che non mi ricordi altre robe, visto che sono passati quasi un paio di mesi. Però ragiono come al solito: tu butta giù, anche se non lo leggerà nessuno, hai qualcosa su cui tornare ogni tanto.
Perchè in ogni caso questa The Great Escape è stata un´esperienza, e che esperienza. Di quelle che restano, nella testa e nelle gambe. Cose, persone, luoghi, storie. Vediamo cosa viene fuori.
Il prima
E va bene, non giriamoci intorno. La nomino per la trecentesima volta, ma chissenefrega. E´la mia ossessione, probabilmente. O almeno così è stato quest´anno. Lei insomma, quel mostro chiamato Istria 100, anzi Mount Vojak, la sua incarnazione più imponente e aggressiva.
Quella montagna è il motivo per cui a metà Settembre sto facendo rotta con Ari verso le Ardenne. The Great Escape era, almeno fino ad Aprile, un´idea o poco più. Un sondaggio veloce, un interesse ancora abbastanza distante, insomma semplicemente il mio nome in una sorta di registration list.
Senza impegno, così per dire.
Ma il Giovedì dopo Istria appunto, ancora incazzato di brutto per il weekend appena trascorso, torno dalla prima corsa post Pocklon. Apro la mail, e mi trovo la comunicazione del Legends Team. Ehi, se ti va di ufficializzare la partecipazione alla TGE di questo Autunno, questi sono i vari link.
Se mi va? Potete scommetterci maledetti. Iscritto ufficialmente, e passa la paura.
Ecco, c´era poi un piccolo particolare. TGE sarebbe arrivata a "sole" sette settimane di distanza dalla NDW. Tutto compreso: recovery post NDW, periodo di presunto ritorno in bolla e tapering immediato. Com´è andata a finire? Che ho cercato di vivacchiare un po´dopo NDW, anche per il semplice motivo che non inventi un cazzo dopo una 100, figuriamoci tra due 100, figuriamoci alla fine di una stagione iniziata con Istria e proseguita con una Primavera "di bolina", conseguenza insomma dei vari scazzi fisici e di testa.
Quindi ho cercato di starmene tranquillo dopo NDW, di corricchiare un po`, e soprattutto di cominciare a fare un po´conoscenza "a distanza" con questa TGE.
I luoghi innanzitutto. Le Ardenne. Una Foresta con la F stramaiuscola. Un ecosistema fantastico, un aspetto ancora selvaggio e piuttosto ignoto al grande turismo (per fortuna), una natura cattiva, aggressiva e al tempo stesso fluida, indecifrabile, continua. Conoscevo "di nome" e di fama, ma non c´ero mai stato. Insomma l´occasione perfetta per vedere posti nuovi anche con Ari.
E poi il percorso. Due grandi sentieri, uno dietro l´altro, che insieme costituiscono il più ampio "Escapardenne Trail". Lunghezza, 159 km circa, insomma 99 miglia e qualcosa. Tanto dislivello, fatto però di salite brevi, di coltellate decise che rischi di pagare alla fine se non ti sei gestito da subito. A fine Agosto mi sono anche arrivate per posta le varie cartine e i libricini informativi, ora dovevo solo mettermi lì e studiare.
E infine...eh, la distanza, poco da fare. Ancora una volta scelgo le 100 miglia, e non solo per un fatto di iconicità. Voglio misurarmi ancora su questo numero, dopo la notte di Istria e la (parziale) redenzione di NDW. Quel numero esercita su di me un fascino malato, e non so il motivo. Ma il Gioco agisce così, e non devi chiedere: solo eseguire.
Ed eccoci qua allora. La Roche en Ardenne, una graziosa cittadina non lontana da Bastogne, Vallonia. L´albergo è molto carino, tranquillo, incastonato in una di queste vallette e insomma, avrò modo in questi giorni di cominciare a respirare un po´di aria delle Ardenne, di immaginare, di sentire il luogo intorno a me.
In più la gente è molto gentile e disponibile, ci troviamo bene e tutto ha un´aura di grande semplicità. Come piace a noi. Sarà un bel weekend, lo sento.
La gara
Fast forward. Sono a Maboge adesso (un piccolo borgo poco fuori da La Roche). E´circa l´una di notte del Sabato. Rovisto nel buio della macchina in cerca delle cose da mettermi, poi realizzo che se mi metto un attimo la frontale in testa, è meglio.
Ari è rimasta in albergo a dormire. Io sono qui, con altri 80 scappati di casa, pronto a mettermi in viaggio per 100 miglia.
Fuori è buio, molto buio. E fa pure freddo. Come vestiti sono combinato più o meno come in Istria, anzi più autunnale stavolta. Pantalone tre quarti, base layer, t-shirt, smanicato e pure giacca antipioggia già addosso. Ogni layer conta adesso, anche perchè abbiamo davanti quelle che per certi versi saranno le tre ore più difficili di tutta la gara.
Un´attesa snervante, in questa piccola Halle all´aperto, del pullman navetta che dovrebbe portarci ad Ettelbrück, Lussemburgo, dove appunto inizia ufficialmente l´Escapardenne.
Adesso fa ridere magari, ne sono sicuro. Ma devo ammettere che, quando sei lì che la sveglia ti ha suonato alle 23:30 più o meno (e quindi di fatto non hai dormito), e in un certo senso sei già in your game, senti la gara, cerchi quell´ultima goccia di focus prima di buttarti sul sentiero, insomma quando sei lì che vuoi correre, farsi tre ore di attesa snervante può cuocerti il cervello. O congelarlo.
Ancor prima di partire.
Io cerco di stare tranquillo, mi scaldo come posso avvolto in una di queste copertone di lana che i volontari (gentilissimi) ci hanno portato, mezzo piatto di brodo in mano. Altri parlano concitatissimi, agitati, nervosi. Altri dormono. Faccio conoscenza con Mervyn, Michael e Chloe. Ci eravamo già sentiti via Facebook, e finalmente è bello darsi una faccia e una voce.
Il tempo passa, e finalmente arriva l´annuncio: il pullman non arriverà mai (cantieri, casini vari, l´autista è rimasto a dormire? Non si sa) quindi ora cerchiamo volontari che ci accompagnino in auto fino a Ettelbrück (è comunque un´ottantina di km in linea d´aria).
Si formano equipaggi improvvisati di gente che non si conosce e che parla lingue misteriose. Olandesi, belgi, neozelandesi e un ligure mezzo tedesco. Riesco a infilarmi nella macchina di Arnoud, e il papà, svegliato nel bel mezzo della notte, prende un thermos gigante di caffè e si mette alla guida.
E così, dopo un´ora di bestemmie in olandese verso il tom tom, nebbia allucinante, pause pisciata e altre bestemmie in olandese, siamo finalmente a Ettelbrück. Sono le cinque del mattino, saremmo dovuti partire alle quattro.
Breve conciliabolo: d´accordo partiamo ufficialmente alle cinque e mezza. Quindi, un´ora e mezza dopo l´orario previsto, che significa però che avremo un´ora e mezza di buio in meno all´inizio. Che poi non cambia molto, visto che la notte ormai è fottuta.
Ultime operazioni pre-partenza. Ah sì, questa è una bella cosa. Ci mettono addosso un mini chip gps, che servirà per il live tracking fighissimo che i ragazzi Legends hanno preparato. Un mega link con cartina del percorso che si aggiorna ogni 90 secondi, così che da casa sarà possibile seguire la gara davvero in tempo reale (roba per quella live tracking geek di mia mamma). Ma soprattutto, servirà appunto ai ragazzi del Legends Team per tenerci sott´occhio per tutto il weekend, e curarsi che non finiamo da qualche parte in Danimarca probabilmente (la regola è: se prevedi di stare fermo più di dieci minuti fuori da una aid, avvisa prima per telefono. Altrimenti ti telefoniamo noi, e ti facciamo il culo se non lo hai fatto tu).
Sì, perchè c´è ancora un particolare. Il percorso è "segnato ma non segnato". Non ci sono markers ufficiali della gara, ma in compenso ci dovrebbero essere abbastanza markers del National Trail, da rendere la navigazione abbastanza semplice. Boh, io nel dubbio ho al polso il mio di GPS (prima volta in assoluto che lo uso in una gara) con la traccia caricata su, casomai dovesse servire.
Conto alla rovescia improvvisato. Ok, get out of the way! Si parte.
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And they are off! Photo credit Mervyn Van Gompel |
Stavolta, sarà il freddo, sarà forse proprio la voglia di andare tenuta a freno per tutta la notte, decido anche di partire un filo più allegro rispetto al solito.
Niente di particolare eh, semplicemente non voglio essere subito dead last come a NDW. E non voglio neppure restare subito troppo solo, proprio per il discorso della navigazione. Fammi vedere un attimo come si presenta questo Escapardenne, al massimo aggiusterò in corsa la mia pacing strategy di conseguenza, sperando di non fare casini come al solito.
E così mi attacco al culo proprio di Chloe, la ragazza neozelandese (ma trapiantata pure lei in Germania) che avevo conosciuto a Maboge. Intorno a lei un bel minipack, che almeno mi permette di tenere una buona andatura nel tratto in piano di Erpeldange Sur Sure, l´ultima striscia di asfalto prima dell´inizio vero dei sentieri.
Attacchiamo queste prime miglia di foresta ancora buia con una certa prudenza, alternando power hiking deciso a un trotto più disteso. Ci supera Mervyn, alla sua prima 100 miglia. Lo rivedrò all´arrivo, il maledetto è stato sulle 30 ore basse.
Arrivano anche le prime rampe da mani sulle ginocchia (alcuni hanno già tirato fuori i bastoncini; ah a proposito, ovviamente li ho anch´io dietro, e non li usavo, guarda un po´...da Istria...), ma per il momento mi sento a posto in generale; non forzo, cerco un passo regolare e cerco soprattutto un buon assetto di power hiking (la mia vera "arma" contro quelli che corrono pure sui muri), cercando di stare alto di busto e respirare bene e ritmato. Funziona, e piano piano sbuchiamo dal bosco.
Sta arrivando l´alba, finalmente, e la visione che ci appare è davvero da levare il fiato. Una mega collina, avvolta ancora in una leggera nebbia, con solo una gigantesca Windrad a ritmarne il silenzio, e a rendere il tutto comunque particolare, ovattato.
Una roba così insomma.
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´Till they rise. Photo credit Mervyn Van Gompel |
E´bello correre qua, poche storie. E l´arrivo dell´alba ci da finalmente una carica nuova. La testa si libera, le gambe iniziano anche a girare meglio, insomma ognuno sta cominciando a entrare nella propria modalità viaggio.
Il gruppetto si assottiglia. Passiamo qualche borgo caratteristico e continuiamo il nostro saliscendi in foresta di questi primi 20 km.
E presto, tra una pausa pisciata e qualche parola, si finisce che si resta in tre. Io, Michael (scozzese trapiantato in Olanda) e appunto Chloe. Giusto prima della aid numero uno, a Bourscheid, e siamo al km 24 più o meno.
Il mio piano in sostanza, è di stare con loro. E col senno di poi, si rivelerà un errore strategico che avrebbe potuto pure "costarmi" caro. Intendiamoci, nelle ultra è anche bello fare gruppo, andare insieme, per carità. Ma questa è pur sempre una gara, non tanto dal punto di vista puramente "agonistico", quanto piuttosto proprio da quello di gestione delle proprie risorse. Run your own race, sempre e comunque.
Perchè allora opto per la prudenza e la ricerca di compagnia? Probabilmente, pensandoci così a freddo, proprio per un fatto di insicurezza mia. So che questa è una gara da non sottovalutare comunque, e la mia forma del momento non mi consiglia certo grandi cazzate strategiche. La compagnia di un gruppo che va a un passo ok per me, potrebbe essere il modo per far passare le miglia e capire piano piano qual´è il mio posto vero su questo sentiero. Questo almeno è quello che penso in quel momento.
Aid uno, dicevo. Faccio il pieno di liquidi e riparto subito con una manciata di patatine in mano (ah, le aid qua sono fornite il giusto. C´è quello che serve, tra chips e coca. Ecco, magari per le prossime volte qualcosa di diverso dalla coca e un po´di frutta non sarebbe male, ma adesso va bene così).
I miei due compagni di viaggio sono molto più lenti di me a uscire dalla aid (Michael è alla sua prima 100, e Chloe è in giornata non proprio ottimale: è un´atletona, ma patisce un filo di debolezza e la scelta di essere partita forse un filo troppo decisa) e così io vado facile, voltandomi spesso, e al tempo stesso cercando di negoziare i primi discesoni in mezzo alle legnaie. E soprattutto, godendomi il primo vero Sole della giornata, che scalda muscoli e testa.
Tutto sommato mi sento bene, comincio insomma ad essere contento di essere qua, di fare quello che sto facendo.
Mi infilo in un tratto di single track fantastico, con da una parte la roccia e dall´altra il bosco che scende deciso. Ed ecco che finalmente sento le voci dei miei due compagni di viaggio che si avvicinano.
Ci ricompattiamo, e proseguiamo di buon accordo verso uno degli highlights di tutta la gara: il Morberlee. Una salita su cresta molto suggestiva, e dura, che poi per altro ci porta verso la aid due.
Ora fa anche caldo, e io mi curo comunque di restare idratato e di nutrirmi con regolarità (a proposito: solita dieta di gel ogni 45 minuti, più quello che trovo alle aid, ma senza esagerare).
Il Morberlee dicevo. Non so, ha un che di ligure. Mi viene da ridere a pensarci sul momento, mi viene in mente il Trail di Laigueglia, il mio primo trail in assoluto, e alcuni suoi passaggi quasi lunari.
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Il Morberlee. Photo credit Mervyn Van Gompel |
Scolliniamo, e siamo alla aid 2, km 37 più o meno. Che è una aid al chiuso, e che è pure il punto dove ciascuno ha la sua prima drop bag (dimenticavo, altra cosa figa di questa gara: ogni concorrente ha tre drop bag distribuite in tre diverse aid stations lungo tutto il percorso: molto utile e interessante, specie per gestire il discorso abbigliamento).
Anche qui sosta veloce (per me), ricambio completo di gel e via (e riesco pure a salutare al volo il buon Roby Rovelli, l´altro italiano venuto fin quassù questo weekend).
Riparto ancora da solo, e così mi godo, di nuovo da solo, le 3 miglia che seguono. Bellissime è dir poco. Sono spettacolari. Si scende su single track erboso e morbido giù in questo piccolo canyon, con tanto di ponticello in fondo, e si risale dall´altra parte. Sierra Nevada spirit, decisamente.
Mi sento rinvigorito da queste sensazioni, e finalmente, quando anche Michael e Chloe mi raggiungono, sbuchiamo su un bellissimo pianoro soleggiato.
Tra cazzate e discorsi intanto siamo già oltre i 50 km di gara. Sì, tra cazzate e discorsi appunto...ecco che infiliamo il primo detour micidiale della gara. Per colpa nostra, sia chiaro, perchè di fatto non leggiamo bene un marker di Escapardenne inchiodato a una panchina di legno.
Cavoli guys, stiamo facendo troppo asfalto, c´è qualcosa che non va. Ok, torniamo indietro. Squilla il telefono: è l´organizzazione, che appunto ci sta "vedendo" sul live tracking. Siamo fuori di un chilometro abbondante, insulti in olandese, ma stiamo tornando on track, è questo che conta.
Altrimenti, siamo a posto, di fisico e di testa, e andiamo avanti decisi.
Aid tre (km 57 circa) è pure molto caratteristica. Vicino a una sorta di rovina di torre di un qualche castello, in mezzo al bosco. Becchiamo pure il primo runner veramente cucinato, che in preda a chissà quale delirio bestemmia contro tutto e tutti, lancia bastoncini, mormora cose incomprensibili.
Il tizio mi fa incazzare abbastanza in effetti (se non sai comportarti vattene allo stadio e non rompere il cazzo, penso sul momento) e decido di andarmene presto dalla aid, stavolta però portandomi dietro Chloe e Michael (perchè non ho più voglia di aspettarli più avanti).
Ecco, ci sono adesso due problemi però. Alla prossima Aid (quella delle 50 miglia) mancano qualcosa come 23 km, che non sono pochissimi in una 100 miglia. E soprattutto, Chloe si sta chiaramente fottendo. Comincia a camminare tanto, a volte "troppo", e io e Michael non ci sentiamo di mollarla lì in mezzo al nulla (sta anche scendendo la sera).
Il problema è poi anche che la sua "negatività" (ovviamente involontaria) sta contagiando pure noi. Che siamo anche e comunque un po´stanchi. E le rampe di asfalto in mezzo a questi paesini infiniti non aiutano di certo. Per farla breve, pity party pesante in arrivo per tutti.
Scrivo un sms a chi so io, raccontando della situazione. Cazzo è presto per avere un pity party, non siamo nemmeno a metà gara. La risposta è di quelle giuste però, e soprattutto decido di cominciare a fare meno il coglione e di dirigermi, con la testa, più verso la mia gara.
Insomma decido di incattivirmi, piano piano. Comincio a guardare ogni tanto il mio gps, voglio andare deciso adesso, non dovendo "cercare" per forza i vari markers. Voglio arrivare a Clervaux, miglio 50, lasciarci Chloe sempre più ferma e infreddolita, e partire per la notte insieme a Michael.
Nel tragitto verso Clervaux lo carico di brutto. Continuo a dirgli di arrivare a Clervaux, di cambiarsi, di mettersi caldo, di mangiare e di fidarsi di me, che questa sarà una notte di caccia grossa. Mi sembra convinto sul momento, e così entrambi ci diamo una bella carica.
Arriviamo a Clervaux, con pure un breve out and back dal paese (la aid è al campo di calcio). Ormai è sera tardi.
Entriamo in questo cubicolo piccolissimo popolato di volontari stanchi e infreddoliti pure loro (e da lì a poco partirà da lì la 50 miglia) e ci spariamo verso le nostre (seconde) drop bag.
Tattica ormai collaudata: cambio di calzini (con nuova spalmata di crema ovviamente), e di base layer e t-shirt. Voglio roba calda e asciutta, poche storie. Chloe è avvolta nella copertona di lana (la rivedrò all´arrivo. E´stata bravissima e tostissima comunque), ma è Michael che "mi preoccupa" in questo momento. Ha percorso le ultime miglia prima di Clervaux in maniche corte, per la pigrizia del non volersi mettere la giacca antipioggia/antivento. Ha sudato, ma camminando (per via di Chloe) si è raffreddato molto.
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Chloe e Michael. Quando condividi 50 miglia buone con le stesse facce, crei qualcosa che poi resta. Thanks guys! (photo credit Harry De Vries) |
Lo vedo però che mangia un bel piatto di insalata di pasta, e così lo carico ancora di più. "C´mon baby, take your time, and then we´ll gonna have a great night together!".
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Game face. Photo credit Harry De Vries |
Io sto piuttosto bene tutto sommato. Sento che la gara vera sta per cominciare, e che soprattutto ho una fottuta voglia di cominciare a fare la MIA gara.
Bon, si esce. Siamo rimasti io e Michael. Un freddo fotonico, e rimettersi in moto non è certo facile.
Usciamo da Clervaux e ci rimettiamo sul sentiero...anzi no. Eccolo qua, il secondo mega detour del weekend. Ecco però, se il primo ci era costato una 30ina di minuti circa, questo ci vale circa un´ora e 20, maledizione.
Come l´abbiamo poi risolta? Grazie alla mia cartina di carta, che tenevo nella tasca anteriore dello zaino, e in culo a GPS e markers vari. Un errore stupidissimo, più di navigazione del tratto di strada che esce da Clervaux (sarebbe bastato stare sulla sinistra, come si deve, e avremmo beccato subito il marker che indirizzava al sentiero sottostante).
Fatto sta che questo detour fotte Michael del tutto. Lo sapevo, maledizione. Oh, ci sta, assolutamente. Sta facendo un garone, per essere alla sua prima 100. Ma la testa ci ha mollato dopo 50 miglia, e questo tempo perso lo blocca del tutto.
Pure lui comincia a camminare, gli chiedo se ogni tanto vuol fare un po´di trotto gentile (più che altro per scaldarci: sta scendendo la nebbia, e quando ci siamo dentro, in questo bosco allucinante, viene subito una sensazione di chilling profondo), ma niente da fare. Ormai cammina e basta. E io che faccio? Eh, ancora una volta scelgo di fare il "samaritano", e di provare a portarlo alla prossima aid station (che però dista 12 km). So bene che sto rischiando di fottere pure la mia di gara, perchè mi sto prendendo freddo e sto perdendo ritmo muscolare e mentale, ma tutto sommato, pensandoci ora, so di aver fatto la scelta giusta. Ancora una volta, il Gioco chiede, e tu esegui.
Arriviamo finalmente a questa aid sperduta, dove c´è pure uno degli RD. Michael è finito, ma almeno ha la lucidità di dire subito basta (nonostante alcuni suggerimenti, secondo me non "lucidissimi", di alcuni volontari: "ma no dai, ti riscaldi e riparti!". Fuck you gal, lo vedi che questo è andato, che vuoi mettere uno così di notte su un sentiero per altre 8 miglia in una death march senza futuro? E vabeh dai, tra me e me penso che pure i volontari devono fare ancora un filo di esperienza).
L´RD mi chiede come sto io, mi siedo un attimo mentre un tizio con delle mani enormi mi fa una sorta di massaggio alle spalle, più per tenermi caldo. Ho anche io la coperta addosso, ma so perfettamente che vale solo per il tempo che mi serve a buttar giù uno di questi fottuti wraps vegetariani (buonissimi però).
Non esiste che mi fermi anche io, te lo puoi scordare amico. La mia gara, la MIA maledetta gara, inizia adesso, finalmente. Cheers Michael, grazie per la compagnia e quasi 60 miglia insieme, ma adesso siamo io e il sentiero. Come volevo, fin dall´inizio.
Io, solo io e questa foresta. Credo pure di essere l´ultimo assoluto ormai. Non mi importa. That´s my Game.
Così caccio un urlo animale lasciando la aid station, e mi ributto in mezzo alla notte.
In più, ho pure fortuna. Stanno arrivando da dietro quelli della 50 miglia, che ovviamente vanno a velocità tripla. Solo saluti e pacche sulle spalle, "well done man" e repertorio assortito, mi fa comunque piacere.
Ora mi aspettano per altro i chilometri più "scorrevoli" di tutta la gara. Il tratto che poi ho soprannominato il tratto "NDW" di The Great Escape. Colline, campi, campi, colline.
La navigazione resta abbastanza facile tutto sommato, anche se devo dire che questa seconda parte di gara è leggermente meno marcata della prima. O magari è solo che sono in pratica alla seconda notte in piedi, e ora ogni bivio dura quell´attimo di più per essere interpretato nel modo giusto.
Il Suunto però funziona bene e mi leva dai dubbi. Vado bene, regolare. Alterno hiking a corsetta, e ancora non ho tirato fuori i bastoncini.
Arrivo così alla prossima Aid, quella di Buret, km 108. E qui c´è anche la terza e ultima drop bag. Altro cambio di calzini e layer vari, e piatto caldo di un mega salsiccione. Non so neppure io perchè sto mangiando sta roba. Forse è davvero solo per un fatto psicologico, mangiare caldo ti da sul momento quell´idea di reset, di ripartenza, e di "rinascita" dentro.
Riparto dopo poco, anche perchè so perfettamente che non posso prendermela troppo comoda. Il tempo passa, tra poco sarà mattina, e ci sono ancora 30 miglia abbondanti da mettere via.
Il problema è che però la stanchezza adesso sta arrivando decisa. Sì, adesso ho anche tirato fuori i bastoncini per dare un filo di spinta al mio hiking, però mi accorgo di star facendo un bel po´di fatica. Altro problema: sto cominciando ad avere il mio "buco" di alimentazione, ormai quasi una costante. Lo stomaco non vuole più gel, e così devo andare avanti un paio d´ore buone senza mangiare nulla.
Sono a Houffalize, arriva l´alba, e sono stanchissimo. A un certo punto in mezzo a un bosco dopo il paese, mi sembra pure di sognarmi un paio di runner dietro di me, inesistenti. Poi un tizio col cane poco più avanti. Pure quello mai esistito. Infine comincio a provare a chiudere gli occhi per tre secondi mentre cammino.
Mi accorgo che sto quasi "sognando", non so come dire. La testa si fissa su cose assurde, persone, pensieri vari, mi distraggo come se mi stessi appunto abbandonando al sonno. Che cavolo sta succedendo?
Con un po´di pazienza e tanto focus riesco però a tirarmi fuori da questo momento, e in qualche modo arrivo alla aid del km 130, o giù di lí. Mi dicono che ho 20 minuti di vantaggio sul cut off (non saprò mai se era la verità o una balla per levarmi presto di lì).
Fatto sta che questa cosa mi da il primo vero calcio mentale della giornata. Mangio e bevo tutto il possibile, compresi un paio di tortini deliziosi (cibo vero, di nuovo). E mi ributto sul sentiero.
Ecco, solo che adesso sembro l´esatto opposto di quello che ero prima della aid. Sono carico a mille, le gambe stanno tornando, il focus pure. Insomma, ci sono di nuovo.
E comincio a correre. Alè, ci siamo, penso tra me e me. Sta arrivando il momento della malvagità totale. Corro tutto adesso, anche in salita. Recupero gente della "corta" che mi aveva superato prima, voglio arrivare alla prossima aid, che poi sarà l´ultima comunque prima di Maboge. Questa cosa dei 20 minuti mi mette decisamente il pepe al culo, poco da fare, però sul momento cerco di concentrarmi solo sui marker (la batteria del Suunto ha detto basta, per oggi: anche meglio, almeno ora non mi inchiavo più la testa guardando troppo l´orologio). Ora guardo dritto, intorno a me, guardo questo fottuto sentiero in faccia. Te la faccio sudare fino in fondo, caro Escapardenne.
Rimonto un sacco di gente, credo anche un paio della lunga, e arrivo finalmente al fiume. So perfettamente che da ora in poi, anzi dalla aid (che sta per arrivare) fino a Maboge, saranno cazzi amari. Il tratto più duro di tutta la gara. Non ha mai ritmo, è un continuo saliscendi ripidissimo dove devi stare attento più che altro a non lasciarci una caviglia, tra rocce e radici.
La aid arriva, e stavolta ho un´ora e mezza sul cut off. Ok, mi tranquillizzo un attimo, ma non troppo. Ho 5 ore per fare 20 km. Basteranno, penso tra me e me. Col cavolo, e questa è la risposta decisa dell´Escapardenne.
La faccio breve: saranno 20 km di cammino quasi continuo. Di frustrazione, perchè volevo ancora correre comunque, gareggiare, finirla bene. La testa ci sta mollando in questo dungeon, e tutto sommato penso che a volte si cerchi davvero solo il sadismo e il gusto "di estremo" piuttosto che privilegiare la bellezza, l´armonia e la logicità di un percorso. No, non sono km di complimenti al Legends Team, lo ammetto. Ma come detto, forse è proprio la stanchezza e farmi vedere tutto nero adesso. Quei km di cattiveria pura prima della aid mi hanno forse dato il colpo di grazia? Avrei dovuto avere più pazienza?
Mille domande, una sola cazzo di risposta. Vai avanti maledizione, vai avanti. La vedremo prima o poi Maboge, laggiù in fondo alla valletta.
La salita a Berismenil poi è allucinante. Non ho più fiato, mi fermo ogni 10 passi a cercare il respiro. E´ come se il desiderare un traguardo che non arriva mai mi stia levando ancora più energie. E´finita, mi dico, non riuscirò mai a chiuderla nelle 36 ore, maledetto detour, e maledetto pure me che ho voluto fare il samaritano, penso in quel momento.
Eccola laggiù Maboge. Oh shit, ma è lontanissima. Andata, no chances. Camminicchio in discesa, e faccio pure in tempo a prendermi una cadutona micidiale. Rotolo non so come su sto cavolo di sentiero, e quando tutto si è calmato, mi trovo a testa in giù e gambe che guardano in salita, faccia all´aria, sporco e sgraffiato. Sto così una trentina di secondi, cerco di calmarmi un attimo, di resettare, di trovare almeno il focus minimo per navigare il sentiero fino a Maboge, dove comunque mi aspetta il taglio finale.
Ultima mini salita e mini discesa, proprio su Maboge e...beh, vedo Ari, lí in bici. Mi riconosce subito, un po´per la mia andatura sgangherata e un po´perchè sì. Cammino, non riesco neppure a salutarla bene, sono cotto del tutto. E un po´giù di morale, perchè comunque avrei voluto chiuderla questa TGE, correrla completamente, con tanto di 6 km di glory lap appunto sulla montagnetta sovrastante.
L´RD mi viene incontro. Ed eccola lì, la storia che raccontavo all´inizio, i minuti in più, ecc...
Nella Halle di Maboge mi riconoscono tutti (ci sono anche Chloe e Mervyn) e sono solo applausi.
Sì bene, grazie. Ma io adesso ho una missione da compiere. Coca cola al gargarozzo, manciata di patatine, e...beh, lo scrivevo all´inizio, mi butto su queste ultime tre miglia. E sono di nuovo cattivo, molto cattivo.
Chissà che cavolo è successo anche stavolta. Forse l´aver visto Ari lì mi ha dato la sveglia. Forse le "rassicurazioni" dell´RD. O forse tutto insieme, le sensazioni del weekend, l´essere al limite totale, quando non sai neppure più tu dove trovi la benzina rimasta.
Mi sbrano questa collina di pura malvagità. Penso a tutto. A Istria, ai mesi passati, a tutto l´anno, insomma a tutto. Voglio arrivare al traguardo adesso, quello vero. E voglio arrivarci da malvagio, avendo dato veramente tutto.
Tuono giù in discesa correndo e ritmando il passo con i bastoncini. Svolta a sinistra, ponticello, sprint finale e arrivo alla Halle.
35 ore e 50 minuti, più o meno. Ho percorso i 6 km finali in 40 minuti scarsi. E ho chiuso nel cut off regolare, fuck yes!
Crollo sul prato, non capisco più un cazzo.
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Photo credit Harry De Vries |
Mi mettono al collo una bella medaglia, e Ari mi porta una bottiglia di Kerel, una birra che fa un tizio locale, che per l´occasione ha anche sponsorizzato l´evento. Sul momento, è la cosa più buona e dissetante che abbia bevuto in vita mia. Sa di tutto. Di fango, di notte, di affumicato, di sudore, insomma sa di corsa. E lava via tutto, anche la cattiveria delle ultime miglia.
Mi rialzo, e l´unica cosa che voglio in quel momento è l´abbraccio di Ari.
"Questo è il Manu che conosco!".
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Photo credit Harry De Vries |
Fine.